La tassa Airbnb per combattere l’evasione fiscale sugli affitti delle case vacanza potrebbe non essere così efficace.
A sostenerlo è Property Managers Italia, l’Associazione ufficiale dei professionisti dello short rent.
«Non è chiaro chi dovrà raccogliere l’imposta»
Come riporta il quotidiano Il Giornale, il rischio che la tassa Airbnb non svolga appieno la sua funzione è elevato.
Lo dice apertamente Stefano Bettanin, presidente di Property Managers Italia, secondo cui non è chiaro chi dovrà fisicamente raccogliere l’imposta.
«Nella legge – spiega – sono citati solo gli intermediari immobiliari che svolgono locazioni brevi attraverso i portali. Ma nel settore ci sono molti player, dai portali ai gestori agli intermediari».
Un bel problema. E nei giorni scorsi era intervenuto sulla questione anche Matteo Stifanelli, country manager di Airbnb Italia.
«Agire da sostituto di imposta è incompatibile con la nostra natura di piattaforma. Si rischierebbe un blocco, proprio alla vigilia dell’estate».
Inoltre, nessuna della grandi piattaforme turistiche online ha sede fiscale in Italia o una divisione italiana.
Cos’è la tassa Airbnb
In base alle intenzioni del governo, la tassa Airbnb dovrebbe far incassare allo Stato italiano 40 milioni di euro.
La tassa prevede che tutti gli intermediari comunichino i contratti all’Agenzia delle Entrate per quanto riguarda gli affitti case vacanza.
Non solo. Essi dovranno anche trattenere una cedolare secca del 21% da versare al fisco in qualità di sostituti d’imposta.
La misura è nata per combattere un cavillo burocratico che favoriva l’evasione fiscale.
Fino a oggi infatti, i contratti con durata minore di 30 giorni sfuggivano all’obbligo di registrazione e il versamento era affidato alla “discrezione” dei proprietari delle case vacanze.
Secondo un’analisi effettuata da Halldis, società italiana che opera nel settore degli affitti temporanei, la tassa Airbnb farà emergere il nero del settore, oggi stimato al 75%.