Il Governo Gentiloni non aumenterà – forse – le tasse, ma a tartassare gli italiani ci pensa già il cuneo fiscale.
Secondo la Corte dei Conti, in Italia il cuneo fiscale supera di 10 punti la media dell’Unione Europea.
Cuneo fiscale in Italia, cosa dice il Rapporto 2017
Un problema rilevante, sottolineato dal Rapporto 2017 sul coordinamento della finanza pubblica.
Spiega la Corte: «Il cuneo fiscale riferito alla situazione media di un dipendente, colloca al livello più alto la differenza fra il costo del lavoro a carico dell’imprenditore e il reddito netto che rimane in busta paga al lavoratore».
Addirittura, a essere prelevato a titolo di contributi (su entrambi) e di imposte (a carico del lavoratore) è il 49%.
Una quota eccessiva, ben 10 punti oltre l’onere che si registra mediamente nel resto d’Europa.
In Italia infatti, la pressione fiscale è tra le più elevate dei Paesi Ue: ben il 42,9% del PIL.
Anche i costi per gli obblighi tributari che l’imprenditore italiano è chiamato ad affrontare sono significativi.
Si parla infatti di 269 ore lavorative, il 55% in più di quanto richiesto al suo competitor europeo.
Cos’è il cuneo fiscale
Ma che cos’è il cuneo fiscale riferito al mercato del lavoro?
Trattasi di un indicatore percentuale che indica il rapporto tra tutte le imposte sul lavoro e il costo del lavoro complessivo.
Tali imposte sono dirette e indirette e includono anche i contributi previdenziali.
Il cuneo fiscale può essere determinato sia per i lavoratori dipendenti sia per i lavoratori autonomi o liberi professionisti.
Le imposte considerate nella determinazione del cuneo fiscale sono sia a carico del datore di lavoro o committente sia del lavoratore dipendente o autonomo o libero professionista.
La pressione fiscale apparente è invece l’incidenza dell’imposizione fiscale in rapporto al PIL.
Essa si differenzia dal cuneo fiscale poiché quest’ultimo è riferito all’incidenza dell’imposizione fiscale sul costo del lavoro.