Airbnb pronta a fare causa allo Stato italiano dopo l’introduzione della cedolare secca sugli affitti case vacanza.
Secondo il noto portale online di affitti, la possibilità di operare come sostituti d’imposta è una condizione ritenuta non accettabile.
Ma davvero c’è il rischio di un contenzioso tra Airbnb e lo Stato italiano?
Sostituti d’imposta sulla cedolare secca: Airbnb non ci sta
Matteo Stifanelli, Country manager di Airbnb Italia, ha rilasciato alcune dichiarazioni all’Agi a proposito della cedolare secca Airbnb.
«Vogliamo pagare le tasse e semplificare le operazioni al Fisco – ha detto – ma non possiamo operare come sostituti d’imposta».
E ancora: «Se la legge rimane questa siamo pronti a fare ricorso e ad aprire un contenzioso con lo Stato per tutelare i diritti dei nostri host».
Cedolare secca Airbnb: di cosa si tratta
Ricapitolando, la cosiddetta tassa Airbnb prevede che – a partire da maggio – tutti gli intermediari debbano comunicare i contratti all’Agenzia delle Entrate per quanto riguarda gli affitti case vacanza.
Inoltre, essi dovranno anche trattenere una cedolare secca del 21% da versare al fisco in qualità di sostituti d’imposta.
Condizioni – soprattutto quest’ultima – che non sono piaciute ad Airbnb e alle maggiori agenzie di affitto case vacanza.
Uno dei primi a storcere il naso è stato Stefano Bettanin, presidente di Property Managers Italia.
«Agire da sostituto di imposta è incompatibile con la nostra natura di piattaforma. Si rischierebbe un blocco, proprio alla vigilia dell’estate», ha detto.
Scettica anche Federalberghi, secondo cui la tassa Airbnb sarebbe inefficace a combattere l’evasione fiscale sugli affitti delle case vacanza.
«Il governo sbaglia mira e se la prende con i professionisti dell’immobiliare», aveva lamentato il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca.